Forti con i deboli e deboli con i forti, i servi dello stato hanno deciso di eliminare i poveri, gli immigrati, i dannati della Terra. A Lampedusa, solo pochi giorni fa, una pattuglia di poliziotti ha aggredito e pestato per la strada un uomo a sangue freddo. Dopo averlo mandato all’ospedale, le guardie si sono giustificate dicendo che lo avevano scambiato per un clandestino scappato dal Centro di identificazione.
Questa è l’Italia plasmata a immagine e somiglianza dei potenti. Un paese incattivito, che scarica tutte le sue frustrazioni sugli immigrati incolpandoli di tutto: criminalità, furti, stupri, crisi. Ma quelli che governano mentono sapendo di mentire, perché non dicono che la crisi economica è frutto del capitalismo, del suo sistema fatto di sprechi e di privilegi per pochissimi mentre a rimetterci sono sempre e soltanto tutti gli altri: lavoratori, pensionati, disoccupati, immigrati.
I paesi più sviluppati non fanno altro che scaricare sul resto del mondo il costo del loro benessere. In questi tempi di crisi internazionale, chi è nato nel terzo mondo tenta il tutto per tutto; la gente emigra perché ha bisogno, emigra perché non intende morire di fame. Ecco perché la prospettiva di essere rimpatriati li fa impazzire: ecco perché a Lampedusa gli immigrati hanno scatenato la rivolta. L’ennesima in Italia, l’ennesima in tutta Europa.
In un mondo devastato dalle guerre e della povertà – quasi sempre causate proprio dai governi occidentali – c’è una massa di disperati che chiede soltanto la possibilità di avere un futuro.
Si rassegnino i politicanti di ogni colore: l’immigrazione non può essere fermata perché è proprio la voglia di vivere che non può essere arrestata!
Noi siamo dalla parte di tutti i senza potere, di tutti gli oppressi, di tutti quelli che non ce la fanno – senza distinzioni di nazionalità. Non facciamo differenza tra italiani e immigrati perché i veri nemici non sono gli immigrati ma tutti coloro che si ingrassano alle spalle della povera gente, quelli che ci affamano, quelli che ci incatenano e ci ricattano con la precarietà, la disoccupazione, la mancanza di prospettive.
Per uscire dalla crisi bisogna, intanto, fare uno sforzo: aprire gli occhi e metterci nei panni di chi sta peggio di noi. Allora capiremo che la solidarietà, il rispetto della libertà e la comprensione dei bisogni degli altri sono il primo passo per rivoltarci contro coloro che ci rendono la vita impossibile: gli stati e il capitalismo, anzitutto.
COORDINAMENTO ANARCHICO PALERMITANO